La mostra tenuta al Vittoriano dispone le opere di Giorgio Morandi seguendo sia la sua vita, sia le tecniche usate, quindi sarà necessario accostare la biografia e la crescita del pittore alla descrizione delle zone della mostra. L’organizzazione dell’evento è stato affidato a Maria Cristina Bandera, direttrice della fondazione Longhi e specialista di Morandi, che già aveva allestito diverse mostre sul pittore bolognese tra cui anche quella al Metropolitan Museum di New York. L’esposizione ha come obbiettivo la prosecuzione di un percorso sull’arte italiana del ventesimo secolo, iniziato nel 2012 con Renato Guttuso e passato attraverso la mostra tenutasi nel 2013, dedicata a Cézanne e ai pittori italiani influenzati dal padre dell’Impressionismo, e quella del 2014 su Sironi.
Giorgio Morandi nasce a Bologna verso le fine dell’ ‘800, ed è considerato uno dei più grandi artisti del ‘900, in particolare il più grande incisore e pittore di nature morte dell’ ultimo secolo. Il pittore bolognese intraprese gli studi accademici mostrando sempre un’ottima abilità pittorica, tuttavia durante gli ultimi anni dei suoi studi, avendo già sviluppato un suo stile, si distacca un po’ dagli insegnamenti canonici. Qualche anno più tardi un viaggio a Firenze gli fece apprezzare i maestri del passato, da Cimabue e Giotto fino a tutti i grandissimi artisti del Rinascimento.
Dopo il periodo futurista, Morandi fa come un passo indietro, tornando ad una pittura più plastica e semplice: ricomincia a dipingere e incidere paesaggi e nature morte, tra cui quelle raffiguranti delle bottiglie che lo hanno reso celebre. Nella mostra sono presenti diverse nature morte, tra le quali, oltre a quelle incentrate sui soggetti da lui preferiti (bottiglie, bicchieri, vasi), ce ne sono alcune molto belle in cui accosta delle conchiglie a oggetti casalinghi. Un’altra sezione molto importante all’interno della mostra è sicuramente quella che ospita le incisioni e le acqueforti a cui il pittore bolognese si dedicò molto, diventando anche titolare della cattedra di incisione all’Accademia delle Belle Arti di Bologna.
RAFFAELE VENTURA