Tutti noi sappiamo quello che è successo, qualche giorno fa, a Parigi: il 7 gennaio 2015 attorno alle ore 11:30, un commando di due uomini armati con fucili d’assalto è penetrato nella sede del giornale Charlie Hebdo durante la riunione settimanale della redazione, compiendo una vera e propria strage. Dodici in tutto i morti (tra cui il direttore, vari collaboratori, due poliziotti), oltre a numerosi feriti. L’assalto è avvenuto per punire la redazione di aver pubblicato alcune vignette satiriche, ritenute offensive nei confronti della religione islamica.
Nei giorni seguenti molti hanno espresso la propria vicinanza alla redazione e la propria condanna nei confronti dell’attentato, giustamente interpretato come un attacco alla libertà d’espressione, valore fondamentale della cultura occidentale. In breve, Charlie Hebdo è divenuto un simbolo, come testimonia la diffusione di immagini e slogan che riguardano l’accaduto; tra quelli più significativi, per esempio, il disegno di una matita che fronteggia un fucile (metafora della parola libera che si contrappone alla violenza delle armi), accompagnata dal motto “Je suis Charlie”, da molti riproposto attraverso social network e altri mezzi di comunicazione.
La libertà d’espressione è un valore per cui la nostra società si è battuta duramente nel corso degli ultimi due secoli, ed è una delle conquiste più importanti che sono state acquisite nel passaggio da regimi assolutistici e totalitari a regimi democratici. E, per rispondere alla domanda di prima, se sia o no giusto difenderla sempre e comunque, basta ricordarsi della famosa frase di Voltaire: “Non sono d’accordo con quel che dici, ma mi batterò fino alla morte perché tu abbia il diritto di farlo”.
Ci sarà sempre, inevitabilmente, chi si risentirà per questa o quella vignetta, per questo o quell’articolo. E la soluzione dovrebbe essere quella di limitare la libertà d’espressione? Non sarà certo ponendo un limite alla democrazia che cesseranno l’odio, le discriminazioni, le offese fra popoli, etnie, religioni; né, certamente, è la democrazia a causare tutto questo. L’errore sta piuttosto nell’uso, o nell’abuso, che ne facciamo; ed ecco perché la soluzione non sta nel limitare quella, ma piuttosto nel riflettere noi stessi più a fondo su valori quali la solidarietà,
Ecco perché è importante lanciare un messaggio forte, unito, (come del resto è stato fatto negli ultimi giorni) a difesa di questa democrazia, che, sfidata, non deve reagire limitando se stessa, ma affermando con ancora più fermezza la sua legittimità e la sua giustizia.
ALICE BERTINO